Fisiologia NeuroMuscolare
Percezione del dolore
Per comprendere i meccanismi che possono essere responsabili dei fenomeni di dolore miofosciale, occorre conoscere le basi fondamentali dell’elaborazione dell’informazione sensitiva.
La percezione del dolore può avere un’origine esogena, con la mediazione della stimolazione dell’organo sensitivo terminale o di una tenninazione nervosa libera. li dolore può nascere internamente, come dolore centrale, o può essere periferico (dolore proiettato). L’ingresso sensitivo, da una data localizzazione, può essere male interpretato dalla corteccia, come un dolore di altra provenienza.
La trasmissione di sensazioni percepite come dolore attraverso il sistema nervoso centrale è un processo estremamente complesso. Le percezioni dolorose sono interconnesse con sensazioni non dolorose.
Il “segnale” algico viene trasformato almeno quattro volte, a quattro livelli nel suo percorso dal muscolo o dalla cute alla corteccia. La modulazione del segnale (correggendo la sua intensità verso l’alto o verso il basso) può avvenire: a livello del recettore che trasforma lo stimolo in un impulso nervoso; a livello del midollo spinale; nella rete delle stazioni di ripetizione (relay stations) tra il midollo spinale e la corteccia sensitiva (ad esempio il talamo); e nella corteccia sensitiva stessa.
I recettori sensitivi ed i loro nervi sono stati studiati principalmente nella cute. Le terminazioni nervose libere vengono incluse qui come una varietà di recettori sensitivi. È stata recentemente dedicata molta attenzione agli afferenti sensitivi dai muscoli. Nella cute, gli stimoli nocivi sono mediati dalle fibre nervose del gruppo III (fibre mieliniche A delta) e nel gruppo IV (fibre C non mieliniche). La velocità di conduzione di circa 10 volte più veloce nel primo gruppo è strettamente associata con la sensazione epicritica, che localizza e discrimina più precisamente il tipo di stimolo applicato alla cute. Molte di queste fibre A delta rispondono a stimoli innocui meccanici e termici, producendo altre sensazioni oltre al dolore; l’estensione della risposta di alcuni recettori si estende fino agli stimoli nocivi (cioè che danneggiano i tessuti e perciò sono dolorosi).
L’attività dei recettori cutanei è variamente influenzata dalle sostanze sensibilizzanti nocive. La sensibilizzazione di una terminazione nervosa per una stimolazione precedente o per esposizione, ad alcuni agenti come istamina, prostaglandine, bradichinina e serotonina, causa un marcato aumento nelle risposte di alcune nervi alla stessa intensità di stimolo. Così, la risposta ad uno stimolo dipende fortemente dallo stato di sensibilizzazione dei recettori che vengono stimolati. Tale sensibilizzazione aiuta a spiegare la dolenzia associata all’infiammazione e molto probabilmente contribuisce all’iperirritabilità dei PT.
Sebbene il muscolo scheletrico sia riccamente fornito di organi sensitivi propriocettivi (per esempio fusi muscolari ed organi tendinei del Golgi), non vi sono indicazioni che le loro afferenze giungano alla coscienza.
Nell’uomo, lo stimolo intraneurale delle singole fibre afferenti dal muscolo scheletrico produce una sensazione distinta di dolore ottuso e di tensione, percepiti come provenienti dal muscolo, ma non un dolore acuto od un prurito.
Il corno dorsale del midollo spinale funziona come un computer che elabora i segnali sensitivi in entrata, riaggangiandoli e modulandoli prima di mandarli al successivo livello superiore. Il processo che determina quali segnali sono accentuati e quali sono ignorati è soggetto a molte influenze. Il corno dorsale è una struttura a 6 lamine incredibilmente complessa benché precisamente organizzata. Quando le radicolette dorsali penetrano nel midollo, le larghe fibre mieliniche si raccolgono a formare un fascio mediale, mentre la maggior parte delle piccole fibre, mieliniche e non, formano un gruppo laterale di fibre.
Impulsi nocicettivi salgono nel midollo spinale principalmente attraverso il tratto neospinotalamico, filogeneticamente più recente, che è associato con la sensibilità epicritica, o attraverso la più vecchia via palespinotalamica, a lenta conduzione, che porla la sensibilità protopatica. Quest’ultima via provoca le potenti risposte spiacevoli affettive ed avversative di evitamento e di inattività. Essa è responsabile di gran maggior parte della sofferenza legata alla percezione del dolore.
A livello subcorticale, un certo numero di strutture, legate all’azione dei morfinici, modulano fortemente il dolore. Tali strutture, quando sono stimolate elettricamente od esposte all’appropriata neuromodulazione, possono inibire profondamente il dolore. I neuromodulatori sono chiamati encefaline; un frammento molecolare. l’endorfina, ha dimostrato di poter dare un sollievo dal dolore con una potenza superiore di 48 volte a quella della morfina, su base molecolare. Parecchi studi hanno mostrato che l’analgesia dell’agopuntura deriva dalla liberazione i tali neuromodulatori.
Al livello corticale, intuitivamente e di riflesso evitiamo il dolore. L’improvviso dolore è interpretato come un trauma che minaccia i tessuti: il dolore prolungato viene interpretato come ad indicare la necessità di un riposo che permetta di riprendersi dal trauma. Quando non si applica nessuna di queste due interpretazioni, ma il dolore persiste, il paziente è sofferente di dolore cronico, come spesso accade con i PT trascurati. La sofferenza legata al dolore è enormemente influenzata a livello corticale dal significato che vi viene attribuito. I potenti effetti dei significati sulla percezione del dolore, sono eloquentemente dimostrati dai riti religiosi che richiedono un importante danno tessutale senza analgesia, ma anche senza manifestazioni di dolore o di sofferenza. Generalmente, il dolore acuto che diminuisce nel corso di processi naturali di guarigione, è psicologicamente sopportabile. Comunque il dolore ricorrente o persistente dovuta ad una causa non riconosciuta, o non trattabile, minaccia il funzionamento del corpo ed il futuro benessere, il che spesso conduce a frustrazione, depressione e progressiva disabilità.
Quando i pazienti erroneamente ritengono che essi devono “vivere con” il dolore da PT poichè pensano che sia dovuto ad artrosi o a un nervo “pizzicato”, inoperabile, essi limitano l’attività in modo da evitare il dolore. Tali pazienti devono imparare che il dolore viene dai muscoli, non dal danno nervoso, nè da alterazioni osteoartrosiche permanenti. Ancora più importante, essi devono sapere che tale dolore risponde al trattamento. Ciò da al dolore un nuovo significato. Quando tali pazienti prendono coscienza dei fatti congiunti che il loro dolore è miofosciale e che è trattabile, le loro vite assumono un nuovo significato ed essi sono avviati alla ripresa della piena funzionalità somatica.