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Reperti di Laboratorio

Janet G.Travell, David G.Simons _ Dolore Muscolare _ Diagnosi & Terapia.

 

  1. I test di laboratorio di routine non mostrano anomalie od alterazioni attribuiti di per sé ai punti trigger miofasciali. 

    La velocità di eritrosedimentazione, lo SMA 6 e 12, l’esame emocromocitometrico e gli enzimi muscolari serici sono tutti normali. Verranno segnalati in seguito degli anormali reperti serici dell’isoenzima dell’ LDH. Comunque, molti fattori perpetuanti si rendono evidenti con i test di laboratorio. Le radiografie, anche se effettuate con tecniche per i tessuti molli e le tomografie computerizzate, non hanno rivelato caratteristiche collegabili ai PT miofasciali. Con tecniche di immagine radiografica più avanzate, questa situazione potrà modificarsi.

  2. L’esame elettromiografico a riposo dei muscoli coinvolti non rivela anormalità diagnostiche.

    L’esperienza clinica secondo cui le fibre muscolari tese, in rapporto con PT miofasciali, non mostrano attività EMG a riposo. Comunque, il numero di potenziali polifasici non fu quantificato e comparato con valori di controllo nei muscoli sani nello stesso paziente. Occasionalmente, durante l’esame EMG, l’ago può accidentalmente incontrare un PT, e così produrre una rapida contrazione locale, chiaramente palpabile e visibile attraverso la cute che sovrasta il muscolo, insieme ad un “segno del sobbalzo” del paziente. L’associata attività EMG ha l’aspetto dei normali potenziali d’inserimento.

  3. L’attività spontanea dell’unità motoria in un muscolo con punti trigger può svilupparsi secondariamente.

    Può esservi attività spontanea dell’unità motoria, quando quel muscolo si trova all’interno della zona di proiezione del dolore di un PT in un altro muscolo. Un dato muscolo può anche sviluppare uno spasmo protettivo per attenuare la tensione causata dai PT di un muscolo adiacente (parallelo) della stessa unità miotattica. Un muscolo che contenga PT attivi mostra spesso attività EMG “a riposo” quando è allungato fino al punto del dolore od oltre.

  4. Uno studio ha riportato normali concentrazioni degli enzimi serici, ma uno spostamento nella distribuzione degli isoenzimi-LDH.

    In pazienti con miofibrosi interstiziale (PT miofasciali), la concentrazione degli isoenzimi serici diminuiva nelle frazioni LD1 ed LD2, ed aumentava nelle frazioni LD3, LD4, e LD5. Le concentrazioni osservate in reperti bioptici dei muscoli coinvolti, mostravano un quadro quasi rovesciato. Le frazioni LD1 e LD2 erano aumentate, e le frazioni LD3 e LD4 erano diminuite. La concentrazione LD5 rimaneva normale. A nostra conoscenza, questo reperto non è stato confermato da altri ricercatori.

  5. E’ stato recentemente segnalato che termogrammi della cute sovrastante i PT attivi mostrano aree di temperatura cutanea aumentata con diametro di 5-10 cm.

    D’altro lato, precedenti autori segnalavano una diminuita temperatura cutanea in prossimità di noduli muscolari cronici.

  6. Sopra l’area trigger può essere osservata una piccola zona di aumentata conduttività cutanea (diminuita resistenza cutanea).

    Si è osservata una netta deflessione verso la bassa resistenza, dell’ago dell’ohmmetro, quando l’elettrodo esplorante sulla cute passava sopra il punto trigger. Non è noto alcuno studio controllato che abbia effettuato delle mappe separate dei punti trigger miofasciali e dei punti di bassa resistenza cutanei, per vedere quanti falsi positivi si incontrano e quanti PT sono sottovalutati. Perciò, l’affidabilità di questa procedura per localizzare PT è sconosciuta.

    Fattori perpetuanti

    Spesso non basta il trascorrere del tempo per avere la guarigione da una sindrome algica dolorifica miofasciale.

    In molti pazienti, la guarigione dipende dall’identificazione e dall’eliminazione di uno o più fattori perpetuanti. Tali fattori rendono il muscolo inizialmente più suscettibile a sviluppare PT e poi aumentano l’irritabilità dei PT esistenti, cosicché la risposta muscolare al trattamento non è completa né permanente.

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